Giorno 21

31 marzo

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Deceduti totali 11591 (+812)

Chi è?

Sono Claudia.

Che ci fai qua? Stai bene?

Sì, sono venuta a visitare una signora molto matta che vive proprio davanti casa tua.

L’hai fatta diventare meno matta?

Abbastanza.

Stai bene?

Sì, sono con gli infermieri. 

Vuoi salire?

Non posso.

OK.

Volevo solo provare l’ebbrezza di suonare di nuovo al tuo citofono.

Hai fatto bene.

Ora però vado che mi viene da piangere.

OK.

Mi saluti P, B e Pietro?

Sì. Però non piangere.

No.

Quando finisce questa cosa ti faccio la lasagna.

OK.

Io mi chiamo Claudia, e tu?

Alice.

Non avevo mai visto una persona vestita così male in vita mia. Lunghi capelli arruffati e tremendamente soli, abbandonati da qualunque parrucchiere o spazzola. Una serie di pezzi di stoffa, molti dei quali bucati, messi in modo da coprire ogni centimetro di corpo; il viso costellato di lentiggini, qualche brufolo, lasciato lì per protesta e grandissimi occhiali scivolati a metà naso. 

Come stai?

Io bene! Piacere, Alice!

Io sono sempre Claudia, ci siamo già presentate ieri.

Ah! Scusami. 

Ma figurati! Lo capisco! Siamo tantissimi! Andiamo verso l’edificio di fisica insieme?

Era la mia prima settimana a Roma; prima di andare all’università mi preparavo per ore, per sembrare meno straniera, meno ciociara, meno me. Avevo appena fatto amicizia con un gruppetto di colletti alti, di quelli con troppi bottoni, e borse di Gucci. Non era stato difficile. Era bastato passare accanto a uno di loro e avvicinarmi al suo collo, annusandolo. Che profumo è? Non ricordo affatto la risposta, credo comunque fosse Calvin Klein che, inspiegabilmente, allora mi piaceva tantissimo. In pochi minuti mi presentò tutto il gruppetto di inamidati. Quando li raggiunsi per andare verso la lezione di fisica, con Claudia accanto, non sapevo ancora cosa volesse dire essere diversi a Roma. 

Ciao Alice!

Ciao… 

Claudia… mi chiamo Claudia… ci siamo presentate ieri. E anche l’altro ieri.

Ma certo, sì, mi ricordo… Scusami.

Non importa. Hai lasciato il cappotto, la sciarpa e lo zaino in aula.

Cavolo, sì, grazie. 

Vai a mangiare?

Sì, mi stanno aspettando i ragazzi fuori.

Ah… OK… Allora buon pranzo.

Vieni con noi?

Davvero? 

Ho deciso di sfidare la legge e portare P e B al parco, anche se è a molto più di duecento metri da casa. Mi è arrivata una soffiata da Flavia. Cammino un bel po’ prima di arrivarci. 

I marciapiedi sono coperti di mascherine e guanti usa e getta. Ci camminiamo sopra, indignati. In zona cassonetti, al posto delle macchine inzippate in doppia fila, ci sono armadi, televisori, poltrone, tavoli. Le persone, assenti. Lascio andare i guinzagli di P e B, che mi guardano perplessi. Sistemo il tavolino, mi siedo sulla poltrona e guardo verso la televisione a tubo catodico. 

Benvenuta!

Grazie Pippo!

Sei pronta per l’inizio del Festival?

Sì.

Sei comoda?

Molto.

Questa sera ci saranno gli 883 e Marco Masini.

Magnifico. Senti, Pippo…

Dimmi.

Ma tu lo sai cosa succede qui?

Qui dove?

Qui, nel 2020?

Sei nel 2020?

Sì.

Davvero?

Sí!

E dimmi, sono vivo?

Certo.

Mi imitano ancora?

No.

Peccato. 

Sono in mezzo alla strada, su una poltrona.

Che ci fai lì, non hai una casa?

C’è la pandemia.

La che?

Pandemia.

Cos’è?

C’è Gigi? E la Cremeria? 

Ava come lava.

No Alpitur? Aiaiaiaiaiaiaiai.

Egoist!

E se va bene a me, buona camicia a tutti! 

Vuole fare la modella…

Tu gust is megl che uàn! 

È morbida è fresca è profumata la vera mora la più desiderata. 

Ambrogio, pensi proprio a tutto.

Io stasera esco col primo che incontro! 

Kaori, sei unica!

Mi ami? Ma quanto mi ami? 

P e B sono al centro della carreggiata. Se Pietro li vedesse, gli verrebbe un infarto, nonostante il deserto.

L’asfalto ha un colore diverso. L’aria ha un colore diverso. E vorrei essere una di quelle che sa descrivere tutto questo.

Andiamo?

Voglio restare qui.

La devi smettere di parlare con il televisore.

Cioè, posso parlare con te ma non con il televisore?

Esatto.

Il parco è un corridoio d’erba e la regola impone che se c’è anche solo una persona con un cane, bisogna aspettare che esca, prima di entrare. Siamo in pochi in fila in mezzo alla strada. Qualcuno, rispondendo a un istinto pavloviano, si volta a guardare nel verso della carreggiata, dimenticandosi di quest’isola pedonale perenne, forzata. Uno cerca di chiacchierare a distanza e, col dubbio che questo virus passi anche attraverso lo sguardo, ha la testa rivolta a terra.

Ai cani non frega una beata ceppa di tutta questa storia: si cercano, si vogliono, non sopportano di non toccarsi. 

No, non si può.

Perché?

Perché se tocchi quel cane e poi quello ha il Covid su un pelo, te lo prendi anche tu.

Ma hanno detto che noi cani non ci possiamo ammalare!

Sì, ma poi vieni a casa e spargi il Covid sul divano.

E quindi?

E poi io mi metto seduta e mi ammalo.

Mi prendi in giro?

Sciolgo P. Gli altri fanno lo stesso, senza aprire bocca. Guardiamo i nostri cani che fanno la rivoluzione e ci sembra l’unica cosa che faccia rumore in tutto il mondo. Se arriva la polizia, che succede? Gli elicotteri sulle nostre teste ci puntano un mirino addosso. Una signora li guarda, lega il suo pastore tedesco e se ne va. Uno si mette a fare la ronda mentre i cani saltano, corrono, si rotolano sull’erba fresca d’inizio primavera; noi restiamo a centinaia di chilometri l’uno dall’altra, a grattarci sotto le mascherine. 

Ore 00.30

Positivi totali 105792 (+4053)

Deceduti totali 12428 (+837)

E se il mondo dovesse finire, se ora fossimo tutti costretti in strada, nei vecchi salotti degli altri? Se dovessimo imparare davvero a sopravvivere? Se questo virus fosse più forte di tutto, della distanza, delle cure, delle mascherine, del silenzio, di Ponte, della gioventù; se ci chiedessero di evacuare, se finissero le scorte di cibo se morissero tutti e restassi solo io? No, questo è impossibile. Io sarei la prima a morire. Questo è poco ma sicuro. Nonostante i ceci. E la carta igienica. Devo andarmi a studiare come si sopravvive nel mondo. Ma che mondo? Come sarebbe? Vuoto? Devo documentarmi finchè ci sarà internet, finchè ci sarà tempo. Già vedo me, Pietro, P e B, per strada, con gli zaini, a cercare di sopravvivere. Andando dove? Verso cosa?
Pietro senza elettricità muore entro i primi quindici minuti. 

P appena vede un’altra famiglia, ci abbandona.

B è ancora cucciolo, posso usarlo per elemosinare cibo.

Hai risolto l’enigma del diario?

Di cosa parli?

Buonanotte.

TF

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